La conquista dei diritti by Emanuele Felice;
autore:Emanuele, Felice; [Felice, Emanuele ]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia, Intersezioni
ISBN: 9788815370587
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2022-06-15T00:00:00+00:00
12. I diritti sociali e i nuovi diritti civili
Al termine della Seconda guerra mondiale gli stati democratici, usciti vittoriosi dalla lotta contro il nazifascismo ma che entrano nella fase più dura del confronto con il modello comunista, riconoscono ormai pienamente i diritti sociali, accanto ai diritti e alle libertà civili e politiche. Così è, ad esempio, nella Dichiarazione universale dei diritti dellâuomo, approvata dallâOnu il 10 dicembre 1948. Dopo lâenunciazione dei diritti civili e politici troviamo, formulati in modo piuttosto chiaro, quelli che la stessa dichiarazione definisce i «diritti economici, sociali e culturali» (art. 22): innanzitutto il diritto al lavoro, a unâequa retribuzione e allâassociazione sindacale (art. 23); quindi il diritto al riposo, allo svago e alle ferie retribuite (art. 24), a «un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere» e alla «sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità , vedovanza, vecchiaia» (art. 25), cioè a quello che negli anni successivi sarebbe diventato in modo più organico e coerente il welfare state, almeno in Occidente; come pure il diritto a unâadeguata istruzione (art. 26) e, ancora, il diritto «di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità , di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico e ai suoi benefici» (art. 27).
Non solo questo. Lâarticolo 28 aggiunge una nuova dimensione dellâagire politico, davvero ambiziosa: «Ogni individuo ha diritto a un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciati in questa Dichiarazione possano essere pienamente realizzati». Per la prima volta, quindi, assistiamo al tentativo di andare oltre la sfera dello stato-nazione, che pure rimane fondamentale per la garanzia e la promozione dei diritti. Si entra in quella sovranazionale. Tale ordine internazionale dovrebbe essere garantito dalle neonate Nazioni Unite, la cui assemblea vota infatti la dichiarazione. Come ha sintetizzato Edmund Fawcett, con la stesura della Dichiarazione dei diritti dellâuomo «la liberaldemocrazia diventa globale»[73].
Ma, in realtà , su questo aspetto dobbiamo registrare una battuta dâarresto. Fra i paesi che allora facevano parte dellâOnu (cinquantotto), anche se nessuno votò contro, non tutti votarono a favore. Si astennero, in particolare, lâArabia Saudita, lo Yemen (che non partecipò al voto); il Sud Africa; e poi lâUrss, la Jugoslavia, la Polonia, la Cecoslovacchia, cioè gli stati del neocostituito Blocco sovietico, sullo spettro opposto della «traiettoria» della storia (secondo loro). Già solo scorgendo questa lista si capisce quindi quali sono i confini ideologici esterni alla dichiarazione: paesi che non avevano ancora accettato i valori dellâilluminismo e, quindi, lâidea stessa che esistessero i diritti dellâuomo (come lâArabia Saudita, che non li accetta tuttora); paesi moderni sì, ma razzisti, ideologicamente più affini agli sconfitti della Seconda guerra mondiale (il Sud Africa); e i paesi comunisti. Va detto che questi ultimi parteciparono attivamente alla stesura del testo, contribuirono affinché vi fossero inclusi i diritti sociali: ma, al contempo, cercarono di limitare il godimento di quelli civili e politici, provando a specificare che non dovevano mettere in discussione il «quadro democratico» (persero: la libertà di opinione è per tutti, hanno diritto a goderne anche coloro che non ci credono) e subordinandone lâapplicazione alle peculiarità di ciascun stato[74].
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